La giurisprudenza della Rota Romana è all'origine immediata del concetto di conformità equivalente tra due decisioni riguardanti la validità o la nullità di un matrimonio. Tuttavia, questa giurisprudenza non è omogenea. Può la promulgazione dell'Istruzione «Dignitas connubii» [1] legittimare qualcheduna di queste diverse impostazioni della giurisprudenza a detrimento di altre? Come viene interpretato l'art. 291 § 2 dalla giurisprudenza rotale successiva alla DC?
Dall'8 febbraio 2005 (data della promulgazione ed entrata in vigore della DC, con la diffusione del testo latino e la sua presentazione pubblica) sono state pronunciate poche sentenze della Rota Romana e dei tribunali locali al riguardo [2]. Soprattutto in ambito dottrinale è stato fatto un significativo sforzo volto a formulare i problemi con maggior chiarezza, per offrire soluzioni adeguate, sottoponendo a critica (nel senso più nobile del termine) le impostazioni di altri colleghi, ecc. Le questioni aperte sono molte. In questa occasione, prenderò in considerazione uno degli argomenti centrali: i requisiti necessari affinché due sentenze di nullità del matrimonio (affermative o negative [3]), basate su due capi diversi di nullità possano essere considerate conformi in modo equivalente poiché rispondenti ad una stessa causa petendi, a dei fatti (principali e secondari) che, ragionevolmente, possono essere considerati "gli stessi": "eadem facta matrimonium irritantia et probationes" (cfr. DC art. 291 § 2).
In altri studi relativi alla conformità equivalente [4] non ho precisato in maniera esplicita che la mia impostazione differisce da quella sostenuta dalla posizione più restrittiva della giurisprudenza della Rota Romana, attualmente rappresentata (per quanto mi risulta) da tre decreti coram Stankiewicz, coram Erlebach e coram Verginelli [5], la quale sarebbe quella fatta propria dalla DC, utilizzando, almeno apparentemente, il primo criterio d'interpretazione delle norme previsto dal can. 17: «Le leggi ecclesiastiche sono da intendersi secondo il significato proprio delle parole». Lo scopo di queste mie riflessioni è di suggerire che il significato letterale della disposizione della DC relativa alla conformità equivalente, «considerato nel testo e nel contesto», postula (o, quanto meno, permette) un'altra interpretazione, proprio al fine di rispettare la ratio legis e l'intendimento del legislatore (cfr. can. 17). Vale a dire, l'elemento che caratterizza la conformità equivalente secondo l'impostazione della DC («decisiones (...) super iisdem factis matrimonium irritantibus et probationibus nitantur»: art. 291 § 2) non costringe a ridurre i casi in cui si può far uso di questo istituto a quelli soltanto contemplati dalla citata impostazione restrittiva, fino a rendere applicabile detta conformità a ben poche cause.
Infatti, l'istituto della conformità equivalente ha lo scopo di travalicare, nelle cause di nullità del matrimonio, l'obbligo della conformità "formale" di due sentenze quando tale conformità "formale" presenti connotati "formalistici", in quanto prolunga la causa, nel richiedere un'ulteriore istanza, normalmente dinanzi alla Rota Romana, senza una sufficiente giustificazione. Tuttavia, nel contempo, l'adeguamento della conformità equivalente alla citata impostazione prevista dalla DC vuole evitare che due sentenze possano essere considerate equivalentemente conformi semplicemente perché dichiarano la nullità del matrimonio per vizi o difetti del consenso imputabili allo stesso coniuge, benché i diversi capita nullitatis contemplati in tali sentenze non rispondano a fatti invalidanti che le prove e la motivazione della decisione dimostrino essere sostanzialmente convergenti. Vale a dire, l'art. 291 § 2 della DC ha lo scopo di impedire che si arrivi all'abrogazione dell'obbligo della doppia sentenza conforme, ancorché la conformità formale sia percepita da numerosi Vescovi, non senza ragione in talune fattispecie, come un'esigenza formalista. E nel contempo ha lo scopo di evitare che venga svuotata di contenuto l'esigenza della doppia sentenza conforme affinché la decisione in favore della nullità del matrimonio sia resa esecutiva, esigenza questa introdotta (a tutela dell'indissolubilità e del favor matrimonii) da Benedetto XIV con la Costituzione apostolica Dei miseratione (3 novembre 1741) e che Giovanni Paolo II ha deciso di mantenere nel CIC 1983, malgrado gli importanti tentativi di abrogarla [6]. Ciò si sarebbe potuto verificare se la DC avesse accettato la concettualizzazione della conformità equivalente operata da un'altra delle posizioni della giurisprudenza della Rota Romana, che in questo studio, sempre seguendo la struttura dell'analisi proposta da Stankiewicz e da Erlebach [7], chiamerò "la terza". Tuttavia, al fine di armonizzare la protezione dell'obbligo della doppia sentenza conforme (obbligo che di fatto sarebbe stato abrogato nel caso in cui fosse stato promulgato il cosiddetto Novissimum schema del 2002 [8]) con l'elasticità permessa e desiderata dall'istituto della conformità equivalente, mi sento incline ad aderire ad una posizione intermedia sostenuta dalla giurisprudenza della Rota Romana, a cui farò riferimento (seguendo i citati Autori) come "la seconda", poiché "la prima" corrisponde alla posizione più restrittiva, sostenuta dagli stessi Stankiewicz ed Erlebach.
Stankiewicz, nel citato studio del 2003, sintetizza l'elemento che caratterizza le tre posizioni giurisprudenziali citate: secondo la prima posizione, la conformità equivalente deve essere fondata «nell'identità dei fatti giuridici [principali] delle due sentenze concordi»; a parere della seconda «nell'equivalenza dei suddetti fatti [principali]»; mentre, secondo la terza, la conformità equivalente «dipende soltanto dalla valutazione e dalla decisione dei giudici, in base alla identità dei fatti e delle prove» [9].
In realtà, la conformità equivalente prevista nella DC all'art. 291 § 2 implica una evidente modifica del concetto di conformità posto dal CIC (cfr. cann. 1641 n. 1 e 1677 § 3). La DC è una "istruzione" e come tale non può modificare il CIC: «I dispositivi delle istruzioni non derogano alle leggi, e se qualcuno non può accordarsi con le disposizioni delle leggi è privo di ogni vigore» (can. 34 § 2); e questo è stato ampiamente sottolineato dalla dottrina nel commentare la nuova norma [10]. Il concetto di conformità equivalente deve pertanto trovare la propria legittimazione nelle «interpretazioni autentiche emesse dal Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, nel progresso dottrinale e nell'evoluzione della giurisprudenza, in particolare del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e del Tribunale della Rota Romana» (cfr. Prefazione della DC). Per quanto riguarda il nostro argomento, il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi non si è pronunciato. La giurisprudenza della Segnatura Apostolica, dopo una fase in cui non accettava la conformità equivalente neanche nella sua accezione più restrittiva [11], è passata a considerarla legittima, almeno in uno dei casi accettati dalla "prima" posizione della giurisprudenza rotale (quella più restrittiva) [12]. Ma al momento gli scarsi dati disponibili della giurisprudenza del Supremo Tribunale [13] non permettono di esaminare quale sia la sua posizione riguardo alla conformità equivalente.
Per questo motivo, dobbiamo esaminare se (oltre alla prima posizione, che senza alcun dubbio la DC ha recepito) qualcheduna delle altre due posizioni della giurisprudenza rotale soddisfa lo scopo che la aequitas canonica, rendendosi interprete della volontà del Legislatore, aspira a raggiungere con l'istituto della conformità equivalente [14]. Tale scopo, da quanto si deduce dalla Prefazione della DC, è duplice:
a) tutelare l'indissolubilità ed il favor matrimonii attraverso il mantenimento dell'esigenza di due sentenze realmente "conformi" pro nullitate matrimonii affinché coloro che hanno celebrato un matrimonio possano celebrarne un altro (fatta salva l'ipotesi del processo documentale in cui non vi è l'obbligo della doppia sentenza conforme: DC art. 301 § 2);
b) cercare di «rendere più spedito», più veloce, il processo di nullità del matrimonio, evitando i formalismi che non siano necessari: «giudici e tribunali provvedano affinché, salva la giustizia, tutte le cause si concludano al più presto, di modo che non si protraggano più di un anno nel tribunale di prima istanza, e non più di sei mesi nel tribunale di seconda istanza» (can. 1453; DC art. 72). Infatti, il CIC e la DC fanno uso diverse volte dell'espressione "quanto prima" ("quam primum") nel far riferimento al modo di agire dei giudici. D'altra parte, questo atteggiamento è presente in tutte le epoche del diritto canonico, come dimostrano il Decreto di Graziano [15], alcune decretali del Liber Extra [16], le costituzioni «Dispendiosam» e «Saepe» del Concilio di Vienne (1311-1312), accolte nelle decretali di Clemente V [17], il Concilio di Trento [18], ecc. Nel Concilio Vaticano I [19], nel Vaticano II [20], nel primo Sinodo dei Vescovi dedicato allo studio della riforma del CIC 1917 (1967) [21], nei Sinodi dedicati alla famiglia (1980) [22] ed all'Eucaristia (2005) [23], molti Vescovi hanno chiesto che i processi matrimoniali fossero resi più spediti. E l'esigenza di predisporre i mezzi affinché i processi siano sbrigati celermente, nel rispetto del tempo richiesto per permettere la necessaria attività delle parti e del tribunale al fine di conoscere la verità, è stata frequentemente richiamata da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI [24], ed è uno dei motivi di autorevoli suggerimenti per cercare soluzioni alternative più rapide rispetto al processo giudiziario [25].
La metodologia sottesa a queste riflessioni richiama quella della scolastica classica, consistente nel descrivere le posizioni di altri studiosi (in particolare la posizione di Stankiewicz, che Erlebach ha fatto sua con ulteriori considerazioni [26]) al fine di poter esprimere la propria opinione a modo di glossa o critica del parere altrui.
Prima di analizzare le tre posizioni della giurisprudenza rotale circa la conformità equivalente è opportuno fare alcune considerazioni previe [27].
Riguardo alla conformità equivalente, Morán ha scritto: «Non ho dubbi che la ratio che si cela nella norma è buona e lodevole; infatti risponde a quel servizio alla verità, a quelle esigenze del favor veritatis, che sono uno dei cardini del processo di nullità matrimoniale, così come alla preoccupazione ed al desiderio di evitare formalismi contrari allo spirito di tali processi. Tuttavia, la non eccessiva preparazione, l'ambiente culturale in cui ci muoviamo, e la mentalità divorzista di certi amministratori del diritto nella Chiesa troveranno in questa possibilità un quadro idoneo in cui si verificheranno situazioni difficilmente accettabili dal punto di vista dottrinale» [28]. Montini ritiene addirittura che sarebbe stato opportuno che la DC non recepisse l'istituto della conformità equivalente [29].
Benché condivida in buona misura queste preoccupazioni, tuttavia ritengo avesse ragione Stankiewicz quando (prima della promulgazione della DC, affinché non fosse soppresso l'obbligo della doppia sentenza conforme [30]) riconosceva che l'obbligo della pura conformità formale non avrebbe potuto rimanere inalterato ancora per molto tempo. Secondo Stankiewicz, questa riforma si è fatta strada grazie alla potenzialità correttiva degli elementi perfettibili dell'ordinamento canonico propria dell'aequitas canonica applicata dalla giurisprudenza della Rota Romana. Sempre secondo Stankiewicz, «il "ripensamento" interpretativo sul significato della conformità» doveva passare da questa istanza giurisprudenziale all'ambito normativo [31].
Indubbiamente la nuova istituzione esige una riformulazione di altri istituti in rapporto ad essa, come conseguenza logica della "ecologia processuale". Infatti, una delle ripercussioni più vistose dell'introduzione della conformità equivalente è la scomparsa dell'obbligo dell'invio ex officio della sentenza all'istanza superiore, da parte del tribunale di seconda o d'ulteriore istanza che accetta di concordare un nuovo capo di nullità e lo giudica «come in prima istanza» (DC art. 268) e, una volta dichiarata la nullità del matrimonio in base a questo nuovo capo, afferma anche la sua conformità equivalente con un altro capo di nullità deciso pro nullitate dal tribunale inferiore, che esso non ratifica [32]. Qualche autore - penso a Sebastiano Villeggiante, amico recentemente deceduto - riteneva che in questo caso non potrebbe essere dichiarata la conformità equivalente, poiché ciò vorrebbe dire violare il diritto di difesa della parte convenuta, che perderebbe un grado di giurisdizione. Al contrario, io penso che questo diritto sia stato soddisfatto nelle due istanze presso due tribunali diversi che, come minimo, sono dovuti intervenire perché si sia potuta produrre la doppia sentenza conforme, poiché il giudizio in base al nuovo capo dovrà essere deciso necessariamente con il processo ordinario, non potendo essere applicato il cosiddetto «processus brevior» (cfr. DC artt. 265, 266). Non si può cercare di sveltire in maniera reale il processo giudiziario, senza modificare quelle istituzioni che lo rendono lento senza che ce ne sia bisogno. Da questo punto di vista è necessario superare la mentalità descritta in una delle opere classiche della letteratura italiana moderna, "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1958): «se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi!», cioè realizzare quei cambiamenti che servono ad accontentare i critici, ma in realtà senza cambiare niente. Non sembra coerente criticare la lentezza del processo giudiziario, fino a suggerire che sarebbe preferibile "amministrativizzare" le cause di nullità del matrimonio [33], e, allo stesso tempo, lamentarsi della perdita puramente formale di un grado di giudizio, quando la parte convenuta ha potuto realmente difendersi presso due tribunali di grado diverso, i quali hanno formulato le loro rispettive decisioni rispondendo nello stesso modo a fatti principali non formalmente coincidenti ma, come già detto, sostanzialmente convergenti.
D'altra parte, bisogna riconoscere che la celerità desiderata può non essere ottenuta se gli stessi membri dei tribunali e le parti, in particolare il difensore del vincolo e gli avvocati, non hanno presente la "concezione istituzionale del processo canonico" - tipizzata da Pio XII nel suo Discorso alla Rota Romana del 1944 - e non agiscono con la competenza tecnica e la rettitudine richieste dalla deontologia delle professioni forensi [34].
Un'ultima osservazione preliminare: l'importanza dell'istituto della conformità equivalente meritava una impostazione normativa meglio strutturata nella sistematica della DC, evitando di introdurla en passant, nel quadro delle disposizioni dettate per un altro istituto che, da un punto di vista logico, è consecutivo al concetto della doppia sentenza conforme: il modo di impugnare tale sentenza con la richiesta di «nuovo esame» [35]. Una situazione analoga è riscontrabile riguardo all'affermazione della possibilità del litisconsorzio attivo (DC art. 102), che era già stata riconosciuta espressamente dall'Istr. Provida Mater Ecclesia [36].
[1] Cfr. Pontificium Consilium de Legum Textibus, Instructio «Dignitas connubii» servanda a tribunalibus dioecesanis et interdioecesanis in pertractandis causis nullitatis matrimonii, 25 Ianuarii 2005, Typis Vaticanis (d'ora in poi, DC). Per mandato di Giovanni Paolo II, il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi ha promulgato la DC l'8 febbraio 2005, in occasione di una conferenza stampa di presentazione del testo datato 25 gennaio.
[2] In questo studio seguo la valutazione della giurisprudenza della Rota Romana fatta da Stankiewicz e Erlebach (vide infra nota 7). Rinvio pertanto, senza citarle, alle decisioni rotali richiamate da questi autorevoli AA. Mi limiterò a reinterpretare qualcuna di queste decisioni nei §§ 5.2 e 5.3. Nei §§ 5.3 e 5.4 esaminerò anche qualche nuova decisione del Tribunale apostolico. Per altri riferimenti a decisioni rotali sulla conformità equivalente vide infra nota 48.
Come indicato da Mons. Carlos M. Morán Bustos, Decano della Rota della Nunziatura Apostolica in Spagna, nel dibattito successivo a questa conferenza (vide supra nota *), fino a quel momento (17-IX-2008) la Rota di Madrid non aveva dettato nessuna decisione circa la conformità equivalente.
[3] Vide infra note 58 e 59.
[4] Cfr. J. Llobell, Il concetto di «conformitas sententiarum» nell'istr. «Dignitas connubii» e i suoi riflessi sulla dinamica del processo, in H. Franceschi - J. Llobell - M.Á. Ortiz (a cura di), La nullità del matrimonio: temi processuali e sostantivi in occasione della «Dignitas Connubii». II Corso di aggiornamento per operatori del diritto presso i tribunali ecclesiastici, Roma, 13-18 settembre 2004, Roma 2005, 193-230; Id., El valor jurídico de la instr. «Dignitas connubii», su recepción eclesial, el objeto y la conformidad de la sentencia, y la certeza moral, in R. Rodríguez-Ocaña - J. Sedano (Eds.), Procesos de nulidad matrimonial. La Instrucción «Dignitas connubii», Pamplona 2006, 235-301; Id., La conformidad equivalente de dos decisiones en las causas de nulidad del matrimonio. Ulteriores consideraciones, in M. Cortés - J. San José (Coords.), Curso de derecho matrimonial y procesal canónico para profesionales del foro, vol. 18, Salamanca 2007, 221-260, e in Revista Española de Derecho Canónico 64 (2007) 131-168.
[5] Vide infra note 7 e 65.
[6] Per uno studio della storia e delle diverse posizioni relative l'obbligo della doppia sentenza conforme durante l'elaborazione del 1983 e fino al 2002, cfr. Aa.Vv., La doppia sentenza conforme nel processo matrimoniale: problemi e prospettive, Città del Vaticano 2003. Vide infra nota 54.
[7] Cfr. A. Stankiewicz, La conformità delle sentenze nella giurisprudenza, in La doppia conforme nel processo matrimoniale, cit., 147-166; G. Erlebach, Problemi di applicazione della conformità sostanziale delle sentenze, in H. Franceschi - M.Á. Ortiz (a cura di), Verità del consenso e capacità di donazione. Temi di diritto matrimoniale e processuale canonico, Roma 2009, 481-509. Le tre posizioni o impostazioni della giurisprudenza della Rota Romana descritte in questi studi si trovano già in un decreto coram Stankiewicz del 22 marzo 1994 (Reg. Aprutini seu Teramen. Hartien., Nullitatis Matrimonii; Praeiudicialis: Conformitatis sententiarum, B. Bis 15/1994, in RRDecr. 12 (1994) 35-42, e in Ius Ecclesiae 7 (1995) 645-656); cfr. L. Del Giudice, Novità nella giurisprudenza rotale di rito in tema di conformità «equivalente» delle sentenze, in Ius Ecclesiae 7 (1995) 656-662. Queste posizioni si riflettono anche in una decisione coram Erlebach: decreto, 14 dicembre 2006, Panormitana, Nullitatis matrimonii, Praeliminaris: exceptionis litis finitae, in B. Bis 109/06, in Ius Ecclesiae 19 (2007) 627-635.
[8] La dottrina informa che ci sono stati quattro schemi precedenti al testo definitivo della DC, redatti da tre diverse commissioni interdicasteriali (la prima preparò i primi due progetti): 1) Primum Schema a Commissione approbatum, Roma, 22 febbraio 1999, inviato a 27 conferenze episcopali (citato Primum Schema 1999); 2) Primum Schema Recognitum «De processu ad nullitatem matrimonii declarandam», Roma, luglio 2000, con le modifiche provenienti dei suggerimenti ricevuti dalle conferenze episcopali consultate (citato Schema Recognitum 2000); 3) Novissimum Schema, Roma 2002, in F.G. Morrisey, The proposed new Instruction for the Processing of Marriage Nullity Cases, Conference of Chancery and Tribunal Officials, San Antonio, TX. March 18-20 2003, pro manuscripto (citato Novissimum Schema 2002); 4) lo schema di giugno 2004 che sarà il testo promulgato (cfr. F. Daneels, Una introduzione generale all'istruzione «Dignitas connubii», in Ius Ecclesiae 18 (2006) 318-322 e la bibliografia citata).
L'art. 43 § 2 del Novissimum Schema 2002 abrogava l'obbligo della doppia sentenza conforme. Per questo e per altre importanti modifiche al CIC, la Commissione impostava il suo progetto come un motu proprio, e non come una semplice istruzione. Vide infra nota 54.
[9] A. Stankiewicz, La conformità delle sentenze nella giurisprudenza, cit., 162: «Si tratta infatti di stabilire se la conformità equivalente, secondo le pronunce di questo indirizzo giurisprudenziale, si fonda nell'identità dei fatti giuridici delle due sentenze concordi, o si fonda nell'equivalenza dei suddetti fatti, o semplicemente dipende soltanto dalla valutazione e dalla decisione dei giudici, in base alla identità dei fatti e delle prove».
[10] Cfr. E. Baura, Il valore normativo dell'Istruzione «Dignitas connubii», in P.A. Bonnet - C. Gullo (a cura di), Il giudizio di nullità matrimoniale dopo l'istruzione «Dignitas connubii». Parte Prima: I principi, Città del Vaticano 2007, 185-211; M. Canonico, Note di commento all'Istruzione «Dignitas connubii» sul processo matrimoniale canonico, Torino 2008, 87-103; F. Daneels, Una introduzione generale all'istruzione «Dignitas connubii», in Ius Ecclesiae 18 (2006) 317-342; J. González Ayesta, Valor jurídico de la Instrucción «Dignitas connubii» en el marco del sistema normativo canónico de fuentes del derecho, in R. Rodríguez Chacón - L. Ruano Espina (a cura di), Los procesos de nulidad de matrimonio canónico hoy, Madrid 2006, 25-50; J. Llobell, La natura giuridica e la recezione ecclesiale dell'istr. «Dignitas connubii», in Ius Ecclesiae 18 (2006) 343-370; G.P. Montini, L'istruzione «Dignitas connubii» nella gerarchia delle fonti, in Periodica 94 (2005) 417-476; Javier Otaduy, El principio de jerarquía normativa y la Instrucción «Dignitas connubii», in R. Rodríguez-Ocaña - J. Sedano (Eds.), Procesos de nulidad matrimonial, cit., 45-80; C. Peña García, Contenido, finalidad y valor jurídico de la Instrucción, in C.M. Morán Bustos - C. Peña García, Nulidad de matrimonio y proceso canónico. Comentario adaptado a la Instrucción «Dignitas Connubii», Madrid 2008, 27-33.
[11] Cfr. Segnatura Apostolica, Decisione del Prefetto in Congresso, 10 febbraio 1971, in Periodica 60 (1971) 315-319, e in Aa.Vv., Verità e definitività della sentenza canonica, Città del Vaticano 1997, 155-158; G. Varricchio, Problemi interpretativi ed applicativi della "conformità equivalente", in Ius Ecclesiae 19 (2007) 642-643.
[12] Si trattava della conformità tra una sentenza per simulazione totale ed un'altra per simulazione parziale del «bonum fidei», che dà luogo alla "continenza" e all'"assorbimento" del capo minore nel maggiore (Segnatura Apostolica, decreto, 15 marzo 1999, Prot. N. 29196/98 CG). La decisione fu resa pubblica dal Decano della Rota Romana, che era stato membro del turno rotale, con decreto 25 marzo 1999 (cfr. J. Llobell, Il diritto al contraddittorio nella giurisprudenza canonica. Postille alle decisioni della Rota Romana (1991-2001), in S. Gherro (a cura di), Il principio del contraddittorio tra l'ordinamento della Chiesa e gli ordinamenti statali, Padova 2003, 96-97).
Cfr. anche Segnatura Apostolica, Quaesitum circa decretum quo sententia affirmativa primi gradus confirmatur, decisione «aequivalenter conformis» (c. 1682 § 2), prot. 26882/96 VT, s.d., in Periodica 87 (1998) 613-616.
[13] Tali dati si riferiscono indirettamente alla conformità equivalente, per lo più nella procedura richiesta da accordi internazionali per la delibazione statuale delle decisioni canoniche (cfr. Benedetto XVI, m.p. «Antiqua ordinatione», quo Supremi Tribunalis Signaturae Apostolicae "lex propria" promulgatur, 21 giugno 2008, artt. 35 n. 6, 119-120, in AAS 100 (2008) 513-538).
Comunque, la concessione alla Segnatura Apostolica della potestà di dispensare dall'obbligo della doppia sentenza conforme nelle cause di nullità del matrimonio (Lex propria Signaturae 2008, cit., art. 115 § 2) inciderà probabilmente sulla prassi riguardante la dichiarazione della conformità equivalente.
[14] «In novo iure, praeter virtutem iustitiae, ratio habeatur etiam caritatis, temperantiae, humanitatis, moderationis, quibus aequitati studeatur non solum in applicatione legum ab animarum pastoribus facienda, sed in ipsa legislatione, ac proinde normae nimis rigidae seponantur, immo ad exhortationes et suasiones potius recurratur, ubi non adsit necessitas stricti iuris servandi propter bonum publicum et disciplinam ecclesiasticam generalem» (CIC, Praefatio, in AAS 75 (1983) pars II, XXI: Principi Sinodo del 1967 n. 3). Cfr. cann. 19, 221 § 2, 1752.
[15] Cfr. C. 33, q. 2, Rubrica tertia pars, cann. 1, 4; C. 35, q. 6, Rubrica sexta pars, can. 10.
[16] Cfr. X 2.1.20, Onorio III, Venerabilis frater; X 4.18.3, Clemente III, Videtur nobis.
[17] Cfr. Clem 2.1.2, Clemente V, Dispendiosam; Clem 5.11.2, Clemente V, Saepe.
[18] Sess. 24, De reformatione, can. 20, in Istituto per le scienze religiose (a cura di), Conciliorum Oecumenicorum Decreta, ed. bilingue, Bologna 1991, 772-773.
[19] Cfr. P. Gasparri, Praefatio, in Codex Iuris Canonici praefatione, fontium annotatione et indice analytico-alphabetico auctus, ed. Typis Polyglottis Vaticanis, ed. 1, 1917 [ristampa del 1974], XXXII-XXXV.
[20] Cfr. Acta et documenta Concilio Oecumenico Vaticano II apparando, Series I (antepraeparatoria), Appendix voluminis II: Analyticus conspectus consiliorum et votorum quae ab episcopis et praelatis data sunt, Pars II: De sacramentis - De locis sacris (...) - De processibus (...), Sub secreto, Typis Polyglottis Vaticanis 1961, 576 §§ 4, 6; 581-582 §§ 4-9.
[21] «Il diritto processuale, specie nelle cause matrimoniali, tenga presenti le esigenze di umanità, sia nella speditezza, sia nel rispetto di una maggior equità» (Card. Pericle Felici, Congregazione conclusiva. Sintesi degli interventi e delle relative risposte, n. 13, 4 ottobre 1967, in G. Caprile, Il Sinodo dei Vescovi 1967. Prima assemblea generale (29 settembre - 29 ottobre 1967), Roma 1968, 133).
[22] «Iustitia dilata est iustitia negata» (Card. Carter, in G. Caprile, Il Sinodo dei Vescovi 1980. Quinta assemblea generale (26 settembre - 25 ottobre 1980), Roma 1982, 469, n. 9).
[23] Cfr. Sinodo dei Vescovi, XI Assemblea Generale Ordinaria, L'Eucaristia: fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa, Proposizioni finali al Santo Padre, 22 ottobre 2005, n. 40 § "e".
[24] Cfr. I discorsi alla Rota Romana del 1986 (n. 6), del 2005 (n. 6) e del 2006; Benedetto XVI, Es. ap. postsinodale «Sacramentum Caritatis», 22 febbraio 2007, n. 29, in AAS 99 (2007) 105-180.
[25] Cfr. J. Ratzinger, «Il sale della terra». Cristianesimo e Chiesa cattolica nella svolta del millennio. Un colloquio con P. Seewald, Torino 1997, 235-237; A. Scola (Cardinale Patriarca di Venezia), Processi matrimoniali: una prospettiva pastorale (relazione al Tribunale Ecclesiastico Regionale Triveneto, Padova, 17 marzo 2006), in Il Regno-documenti 7/2006 226-231. Sulla "amministrativizzazione" delle cause di nullità del matrimonio, cfr. G. Dalla Torre, Matrimonio e funzione giudiziaria, in P.A. Bonnet - C. Gullo (a cura di), «Dignitas connubii». Parte Prima: I principi, cit., 235-248; J.Mª Díaz Moreno, La corta duración del matrimonio, como indicio de nulidad, in Curso de derecho matrimonial y procesal canónico para profesionales del foro, vol. 18, cit., 467-486; J. Llobell, «Quaestiones disputatae» sulla scelta della procedura giudiziaria nelle cause di nullità del matrimonio, sui titoli di competenza, sul libello introduttorio e sulla contestazione della lite, in Apollinaris 70 (1997) 582-591; S. Villeggiante, Il discorso di S.S. Benedetto XVI del 28 gennaio 2006 alla Rota apre le porte al nuovo processo matrimoniale canonico?, in Angelicum 83 (2006) 685-704.
[26] Vide supra nota 7.
[27] Vide supra nota 6.
[28] C.M. Morán Bustos, La cuestión de la conformidad formal y de la conformidad sustancial o equivalente de las sentencias (art. 291), in Morán - Peña, Comentario a la Instrucción «Dignitas Connubii», cit., 552.
[29] Cfr. G.P. Montini, La richiesta di nuovo esame della medesima causa dopo una doppia decisione conforme (artt. 290-294), in P.A. Bonnet - C. Gullo (a cura di), Il giudizio di nullità matrimoniale dopo l'istruzione «Dignitas connubii». Parte terza: la parte dinamica del processo, Città del Vaticano 2008, 685-687.
[30] Quando si svolse il Congresso della «Associazione Canonistica Italiana» nel settembre del 2002 era ben noto l'art. 43 § 2 del Novissimum Schema 2002 che abrogava di fatto l'obbligo della doppia sentenza conforme (vide supra nota 8).
[31] A. Stankiewicz, La conformità delle sentenze nella giurisprudenza, cit., 159-160.
[32] Non è questa la sede in cui esaminare il fatto che le due decisioni conformi devono essere dettate da tribunali di grado diverso e che la dichiarazione circa la conformità equivalente è di competenza di quello superiore (DC art. 291 § 3). La conformità tra due sentenze dettate da tribunali dello stesso grado sarebbe aberrante, come, con piena ragione, suggerisce la dottrina (cfr. C.M. Morán Bustos, La cuestión de la conformidad, cit., 555).
[33] Cfr. S. Villeggiante, La conformità equivalente delle sentenze affermative nel processo canonico di nullità matrimoniale (Esame storico della Giurisprudenza dal 1946 al 1983), in A.G. Urru, Miscellanea in onore del Prof. José Manuel Castaño O.P., Roma 1997, 262-263.
[34] Cfr. M.J. Arroba, Principi di deontologia forense canonica, in Aa.Vv., Il diritto di difesa nel processo matrimoniale canonico, Città del Vaticano 2006, 129-146; Id., Deontología forense canónica, in Curso de derecho matrimonial y procesal canónico para profesionales del foro, vol. 19, cit., 31-65.
[35] Cfr. G.P. Montini, La richiesta di nuovo esame, cit., 699; C.M. Morán Bustos, La cuestión de la conformidad, cit., 550.
[36] Cfr. S.C. per i Sacramenti, istr. Provida Mater Ecclesia, 15 agosto 1936, artt. 43 § 3 e 113 § 2, in AAS 28 (1936) 313-361 (citata PME).